domenica 30 settembre 2007

Playlist settimanale (23.09 - 29.09)

Ascolti impegnativi questa settimana..











Godspeed You! Black Emperor - F♯A♯∞ [Constellation/Kranky 1997]

































Godspeed You! Black Emperor - Yanqui U.X.O. [Constellation 2002]

Entusiasmato dall'ascolto approfondito di Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven ho colto l'occasione per ascoltarmi bene l'intera discografia - cosa che non avevo mai fatto se non per l'album citato e Yanqui U.X.O.
I GYBE hanno decisamente segnato qualcosa in quella fine anni '90, una concezione "allargata" di musica rock, incline allo sperimentalismo più libero, centrata sul flusso continuo di suono ed emozioni, sull'alternanza di violenti climax e stasi ipnotiche.
Tirando le somme, il migliore resta l'EP "Slow Riot for New Zerø Kanada" del 1999.

Voti, nell'ordine: 8,0/10 - 8,5/10 - 8,0/10 - 7,5/10

Nota: "East Hastings", dal primo album, fa da commento alle prime scene di "28 Giorni Dopo" di Danny Boyle.

Genere: post-rock













Melt-Banana - Bambi's Dilemma [AZAP 2007]

Il ritorno dei giapponesi Melt-Banana e della loro feroce miscela hardcore-noise. In Bambi's Dilemma si nota una leggera propensione per le parti orecchiabili, per quanto a farla da padrone siano ancora le sfuriate hardcore, le ammucchiate di effetti per chitarra e il cantato schizofrenico di Yasuko O.
Insomma un leggero "addolcimento" del sound in alcuni punti, che tuttavia mantiene intatta la potenza e l'impatto di questa grandissima band, rendendola anzi più fruibile.

Voto: 7/10

Genere: noisecore











Zaar - s/t [Cuneiform 2006]

Un disco fuori dal tempo quello dei francesi Zaar. Tra il progressive e il Rock in Opposition, un album interamente strumentale ben composto e ottimamente suonato. Le sonorità in più di un'occasione mi hanno ricordato gli immensi Univers Zero, in particolare nei momenti dalle tinte più crepuscolari. Davvero una bella scoperta.

8,0/10

Genere: progressive, r.i.o.












Max Richter - The Blue Notebooks [Fatcatrecords 2004]

Non so ancora molto di questo Max Richter, se non che è un pianista dedito a commistioni fra musica classica, ambient ed elettroacustica. Questo The Blue Notebooks dipinge una serie di raffinatissimi bozzetti, in cui delicati tocchi di piano e sapienti arrangiamenti di archi evocano visioni suggestive e malinconiche - come nella bellissima "On The Nature of Daylight".
In altri episodi è l'elettronica minimale a sentirsi, per quanto sempre utilizzata in maniera profondamente emozionale, miscelandola o confondendola con elementi classici - vedi "Arboretum".
Si avvertono lontani ma palpabili echi di "Comptine d'un autre été" di Yann Tiersen nella brevissima, pianistica "Vladimir's Blues".
L'album si apre con una voce femminile (Tilda Swinton) che legge un passaggio di "The Blue Octavo Notebooks" di Kafka sui dolci rintocchi di un pianoforte, ai quali si aggiunge il battere dei tasti di una macchina da scrivere e il rumore lontano di un treno in corsa.

Un album di gran gusto, raffinato e molto suggestivo.

Voto: 7,5/10

Genere: ambient, post classical












The Cinematic Orchestra - Ma Fleur [Domino 2007]

Una album diviso tra echi jazz e velleità pop, con richiami evidenti alle composizioni più "soft" di Antony & The Johnsons - udibili nella peraltro splendida "To Build A Home". Non convince del tutto, probabilmente a causa di una fin troppo marcata eterogeneità.

Voto: 6,5/10

Genere: elettronica

giovedì 27 settembre 2007

Godspeed You! Black Emperor - Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven [Constellation/Kranky 2000]

I Godspeed You! Black Emperor sono un gruppo di nove elementi con base a Montreal, Canada; la loro musica è a tutt'oggi tra i punti di riferimento quando si parla di "post rock" - ma anche di "progressive", o addirittura di "avanguardia" in ambito rock.
Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven, del 2000, è il loro quarto album.
Anche ad un primo, sommario ascolto risulta evidente quanto siamo lontani dai canoni del rock classicamente inteso: i pezzi sono immense suite la cui durata oscilla tra i 18 e i 23 minuti, e fatto salvo qualche inserto parlato sono interamente strumentali. Ognuno dei quattro brani componenti l'album è a sua volta suddiviso in diversi "movimenti", la cui successione è descritta da un diagramma sul libretto del disco - doppio, data la durata complessiva di più di 87'.
Già da questa breve descrizione è facile intuire che i pezzi dei Godspeed You! Black Emperor, per struttura e dinamica, spesso ricordino più delle composizioni orchestrali che non strettamente "rock".
Caratteristica principale della loro musica è l'atmosfera solenne, genuinamente cinematografica, che pervade le composizioni. All'interno di uno stesso pezzo si rincorrono episodi del tutto diversi: si inizia da momenti di tranquillità, di quasi immobilità (in cui sovente la musica acquisisce una connotazione "ambientale"), che in una lenta, continua evoluzione si vanno via via ingrossando, fino a sfociare in vere e proprie esplosioni sonore, in cui chitarre, violini, fiati, percussioni si accavallano in galoppate furibonde ed incontenibili.
Per poi regredire di nuovo ad una calma apparente, e tuttavia ancora carica di tensione.
Questa è la musica dei GYBE e questo è Lift Your Skinny Fists Like Antennas to Heaven: un viaggio, un continuo e stupefacente divenire che trasporta l'ascoltatore da uno stato d'animo ad un altro, da un'emozione all'altra senza che questo se ne renda conto.
Il flusso sonoro acquisisce così il suo reale significato per quello che suscita dentro di noi, così come un'opera cinematografica si esprime al suo massimo quando lo spettatore riesce ad "entrarci" mentalmente ed emozionalmente e a trasferire quello che vede su di sé. Personalmente ritengo questo tipo di musica rock molto più di altra "aperta" all'interpretazione, ad essere vissuta in molteplici modi; allo stesso tempo una musica che sfugge ostinatamente alle regole e ai codici convenzionali, ponendosi in continua ricerca su quel terreno che sta al di là del rock e a pochi passi dall'avanguardia.
Certo è che non si tratta di una proposta particolarmente immediata; i pezzi sono lunghi, e le evoluzioni interne spesso tanto graduali da risultare provanti.
Tuttavia chi vorrà porsi all'ascolto con la giusta dose di curiosità e di pazienza ne verrà, inevitabilmente, ampiamente ripagato.

Tracklist completa:

Disc 1
  1. "Storm" – 22:32
    • "Lift Yr. Skinny Fists, Like Antennas to Heaven..."
    • "Gathering Storm/Il Pleut à Mourir [+Clatters Like Worry]"
    • "'Welcome to Barco AM/PM...' [L.A.X.; 5/14/00]"
    • "Cancer Towers on Holy Road Hi-Way"

  2. "Static" – 22:35
    • "Terrible Canyons of Static"
    • "Atomic Clock."
    • "Chart #3"
    • "World Police and Friendly Fire"
    • "[...+The Buildings They Are Sleeping Now]"

Disc 2
  1. "Sleep"– 23:17
    • "Murray Ostril: '...They Don't Sleep Anymore on the Beach...'"
    • "Monheim"
    • "Broken Windows, Locks of Love Pt. III."
  2. "Antennas to Heaven"– 18:57
    • "Moya Sings 'Baby-O'..."
    • "Edgyswingsetacid"
    • "[Glockenspiel Duet Recorded on a Campsite In Rhinebeck, N.Y.]"
    • "'Attention...Mon Ami...Fa-Lala-Lala-La-La...' [55-St. Laurent]"
    • "She Dreamt She Was a Bulldozer, She Dreamt She Was Alone in an Empty Field"
    • "Deathkamp Drone"
    • "[Antennas to Heaven...]"

Voto: 8,0/10

Collegamenti:

http://brainwashed.com/godspeed/main.html

http://www.cstrecords.com/bands_godspeedyou.html

domenica 23 settembre 2007

Playlist settimanale (16.09 - 22.09)











Ride - Carnival of Light [Creation 1994 - Ignition 2001 ]

Diverso dal precedente (bellissimo) "Going Blank Again", diversissimo dal primo (capolavoro) "Nowhere".
L'ammorbidimento del sound, accompagnato ad un'inclinazione verso la maggior fruibilità, già caratterizzante Going Blank Again rispetto al debutto, è qui nettamente accentuato.
Il risultato è una serie di canzoni pop-rock con melodie certo spesso ricercate, e comunque di livello buono quando non ottimo, ma quasi del tutto prive della carica e del sognante pathos dei dischi precedenti.
Personalmente mi piace molto, ci sono dei pezzi stupendi (ma pure alcuni assai trascurabili), e se, con qualche sforzo, sorvolo sull'importanza di un esordio come Nowhere gli posso pure affibbiare un bel 7-.

Genere: shoegaze











The Divine Comedy - Victory For The Comic Muse [Emi International 2006]

Che Neil Hannon fosse dotato di un raro talento e di una personalissima sensibilità nello scrivere canzoni me n'ero già accorto, innamorandomi di quel magnifico "Absent Friends" uscito nel 2004. E questo "Victory For The Comic Muse" non delude affatto.
La prima, scanzonata, "To Die A Virgin", dà la misura della grande capacità di Hannon di comporre musica "da camera" molto ricercata e allo stesso tempo orecchiabile, abbinata a dei testi "colti", ben scritti e immaginifici. "If there's a war, I'll sleep with you before you get killed", recita una voce di ragazzina prima che inizi il pezzo ... "I don't want to ... Die a virgin" controbatte Hannon nel ritornello.
Altri episodi di rilievo - fra i tanti - sono "Mother Dear" e soprattutto "A Lady of a Certain Age", su un'anziana aristocratica inglese e i ricordi della sua gioventù trascorsa "From London to New York, Cap Ferrat to Capri, In perfume by Chanel and clothes by Givenchy".
Davvero ispirato.

Genere: chamber pop

7,5/10











Ahleuchatistas - Even in the Midst.. [Cuneiform 2007]

Ed ecco l'ultima fatica del trio math-rock-avanguardistico di Asheville, North Carolina, USA.
Che dire, si notano subito delle differenze coi precedenti lavori. Innanzitutto - ebbene sì - delle aperture melodiche, che per quanto non preponderanti danno un'impronta significativa ai pezzi.
Per il resto il disco non si allontana sostanzialmente da quanto fatto finora, intrecci basso-chitarra-batteria complicatissimi, al punto che vien da chiedersi come facciano ad andare a tempo l'uno con gli altri in alcuni casi. Francamente devo ancora decidere se la nuova direzione intrapresa, per quanto appena accennata, sia un bene o un male, anche perché l'impressione che ho è appunto che non si siano spinti in là fino in fondo, e le parti "melodiche" in questo risultano forse leggermente convenzionali.
Mi farò un'opinione più precisa con gli ascolti; comunque, per ora, promosso.

Genere: math-rock

7/10

giovedì 20 settembre 2007

Byōusoku 5 Centimeter - storie d'amore e di lontananza



- Sai? Dicono sia di 5 centimetri al secondo.

- Cosa?
- La velocità a cui cadono i fiori di ciliegio.

Come qualcuno dall'occhio lungo avrà notato guardando l'intestazione di questo blog, sono un grandissimo fan di Makoto Shinkai.
Sostanzialmente perchè ha un modo molto personale di raccontare (grandi) storie, attraverso le parole ma soprattutto attraverso le immagini, che riesce a dotare di una forza espressiva sconvolgente.

Il suo ultimo lavoro si intitola Byōusoku 5 Centimeter - a chain of short stories about their distance.
"Byōusoku 5 Centimeter" significa "5 centimetri al secondo".
Ancora una volta, quindi, Shinkai propone il tema a lui tanto caro, la distanza che si frappone fra due amanti. Nelle sue storie i sentimenti vengono separati, i cuori allontanati da uno spazio che sembra insormontabile, mentre i pensieri cercano di toccarsi, di superare questo abisso, di congiungersi tra loro in quell'unione che fisicamente è negata.

Parlavo prima del modo di Shinkai di raccontare attraverso le immagini. In questo clima di separazione, di nostalgia, di amore impossibile, anche gli oggetti o gli scorci più comuni si caricano di una forza che è appunto quella degli affetti, dei ricordi, della condivisione dei momenti, anche i più banali, con la persona amata.
E nel trasmettere visivamente queste sensazioni Shinkai è evidentemente un maestro.

Byōusoku 5 Centimeter è composto da tre cortometraggi, della durata di 25', 22' e 14'; come recita il titolo completo, si tratta di "una catena di brevi storie sulla loro lontananza".
E "loro", i protagonisti, sono, come ci vengono presentati nel primo episodio - intitolato Ōkashō, "Il capitolo dei fiori di ciliegio" - due ragazzini, Takaki Tōno e Akari Shinohara, amici inseparabili che per motivi al di là della loro volontà si trovano ad essere divisi alla fine delle elementari.
Akari è costretta a seguire i genitori che per motivi di lavoro si trasferiranno nella lontana prefettura di Tochigi, mentre Takaki continuerà gli studi a Tokyo. I due si tengono in contatto con delle lettere, ma la distanza fra di loro è destinata ad aumentare ancora, al punto da insinuare nei loro cuori la paura di non potersi incontrare mai più ...

Nei successivi episodi, intitolati "Cosmonaut" e "Byōsoku 5 Centimeter" vediamo i protagonisti cresciuti, le loro vite che proseguono, e scopriamo che ci sono altri tipi di distanza oltre a quella misurabile su una carta ...
Riusciranno Takaki e Akari a colmare lo spazio che li separa e ad incontrarsi di nuovo?


Non voglio raccontare oltre per non rovinare la visione a quei (bravi) lettori che vorranno vedersi quest'ultimo lavoro di Makoto Shinkai, e passo direttamente alle opinioni.

Dal punto di vista strettamente visivo, Shinkai riesce a migliorarsi in quello che già era il suo punto di forza: la bellezza dei fondali, tanto dettagliati e ricchi di sfumature da poter essere considerati una serie lunghissima di splendidi quadri. In Byousoku 5 Centimeter ogni singola immagine è talmente curata, i colori così ben accostati, che per assurdo anche la visione del film senza audio e - per noi - senza sottotitoli sarebbe un'esperienza toccante. Ed ecco la forza delle immagini. Mentre le voci dei personaggi ci narrano la storia, Shinkai ferma la sua "macchina da presa" su tanti particolari - gli stessi che lo accompagnano sin dal primo cortometraggio, "She and Her Cat": i treni, le sbarre dei passaggi a livello, le nuvole, la neve, i pali del telefono, i tramonti.
Particolari il più delle volte "normali", che in uno stato emotivo come quello dei protagonisti assumono una valenza ben diversa e più profonda. E questo Shinkai riesce a comunicarlo, senza forzature, in maniera chiarissima ed esemplare.

A differenza dei due precedenti lavori, in Byousoku 5 Centimeter non sono presenti elementi riconducibili alla Science Fiction (tranne qualche accenno a lanci aerospaziali in "Cosmonaut"); questo conferisce alla storia un maggior grado di normalità, e una maggiore umanità. La distanza che intercorre fra i due innamorati non è quella dello spazio siderale quindi, nè tantomeno di un universo parallelo, ma una distanza puramente geografica, che tuttavia data l'età dei protagonisti al momento della sua comparsa diviene cruciale.


Il character design, per quanto resti leggermente poco personale, è di molto migliorato rispetto ai precedenti "Hoshi No Koe" (dove mostrava tutta la sua immaturità) e "The Place Promised in Our Early Days"; i volti dei personaggi presentano profili più ammorbiditi, per quanto tendenti sempre allo "spigoloso", e sono molto più curati nei dettagli e nelle espressioni.
Un altro plauso va alla colonna sonora di Tenmon (che accompagna Shinkai fin dal primo cortometraggio); le immagini vengono sostenute ed arricchite da struggenti pezzi di pianoforte, che contribuiscono ad enfatizzare fino alla commozione i momenti più toccanti del film. Splendida anche la sigla di coda (anche se è riduttivo definirla così, e chi lo vedrà capirà perché) "One more time, one more chance" scritta e cantata da Masayoshi Yamazaki.


Per quanto riguarda la storia, chi esige ad ogni costo una narrazione dettagliata che risolva ogni cosa probabilmente ne rimarrà deluso; io stesso mi sono trovato davanti i titoli di coda quando meno me l'aspettavo, lasciandomi peraltro scappare un sonoro "Noooooooo...." (e questo dovrebbe dare la misura di quanto il film fosse riuscito a coinvolgermi).
Tuttavia anche questa certa incompiutezza aggiunge tanto, tanto fascino alla storia, rendendola innanzitutto meno banale.

Al di là di questo unico, piccolo appunto, Byōusoku 5 Centimeter è un'opera d'arte vera e propria, una meravigliosa poesia, un qualcosa che non capita di vedere tutti i giorni, anzi forse solo poche volte nella vita. Personalmente in più di un'occasione mi ha tolto il fiato.

Consigliato a tutti coloro che cercano una grande storia e che conservano gelosamente dentro di sé ancor più grandi sentimenti.



Colegamenti:

Sito ufficiale di Byōusoku 5 Centimeter (jp)

Sito ufficiale di Makoto Shinkai (jp)

Makoto Shinkai Fanweb (eng)

Trailer

domenica 16 settembre 2007

Playlist settimanale (09.09 - 15.09)











Hella - There's No 666 In Outer Space [Ipecac 2007]

Non c'è una direzione precisa nella musica degli Hella, così come non c'è un recinto che delimita il tutto. Partiti nel 2001 come duo tra il Free-Noise alla Lighning Bolt e il Math-Rock, arrivano ad oggi con una formazione allargata e un disco certamente ambizioso. Leggendo qua e là a fianco del loro nome vedo sempre comparire "Mars Volta" o "Primus". E ci stanno entrambi, i primi nella conformazione e "mood" dei pezzi, che gli Hella però rendono ben più schizofrenici e più convulsi (la sezione ritmica di questo gruppo fa semplicemente paura), mentre i secondi vengono in mente sostanzialmente ascoltando il cantato di Aaron Ross.
Insomma un gran miscuglio di stili e idee inseriti in un contesto esecutivo rigoroso, come in ogni gruppo Math-Rock che si rispetti, senza tralasciare un'attitudine punk e strafottente.
There's no 666 in Outer Space è un disco all'apparenza, e forse non solo a quella, caotico e di difficile assimilazione.
Ma ce ne fossero di più di dischi del genere.

Genere: math-rock

7,0/10











Gang of Four - Entertainment! [EMI, 1979]

Entertainment è una pietra miliare, un capolavoro del Post-Punk. Un album fortemente connotato dal punto di vista politico, sfrontatamente schierato contro il music business, e forse anche per questo portatore di una carica innovativa che sarà di ispirazione per decine di gruppi (fra cui anche certi Red Hot Chili Peppers).

Genere: post-punk

8,5/10











Nomeansno - Dance Of The Headless Bourgeoisie [Alternative Tentacles 1998]

I Nomeansno sono un altro gruppo storico del Post-Punk, i cui tratti distintivi sono la complessità degli arrangiamenti, l'influenza jazz soprattutto nelle ritmiche, e una spiccata attitudine teatrale/sarcastica nei cantati e nei testi. A coronare il tutto una carica e una tecnica esecutiva fuori dal comune.
Questo disco è una splendida summa di tutte queste caratteristiche.

Genere: post-punk

7,5/10











Ahleuchatistas - What You Will [Cuneiform 2006]

Questo si riconferma come uno dei dischi più potenti usciti nel 2006, e nonostante si tratti di una proposta relegata alla quasi totale invisibilità non smetterò mai di elogiarlo e diffonderlo; per maggiori dettagli rimando alla recensione.

Genere: math-rock

lunedì 10 settembre 2007

Yui - Can't Buy My Love [Sony Music Japan 2007]

Non so bene neanch'io perché amo questo tipo di musica, questa ricerca spasmodica della melodia coinvolgente che è caratteristica costitutiva del pop giapponese. Sarà anche che sono completamente perso per la lingua e la sua insita musicalità, saranno tutte quelle vocali aperte che me la fanno percepire tanto comunicativa, anche se va da sè non capisco nulla.
A volte certo questa ossessiva ricerca melodica può risultare una cosa forzata o fors'anche sterile, ma altre volte è in grado di partorire delle vere e proprie gemme. Come in questo caso.
Yui è una ragazza appena ventenne, che compone canzoni dall'età di sedici anni. Nel 2004 partecipa ad un'audizione organizzata dalla Sony giapponese, dove ottiene il massimo dei voti possibile e un bel contratto.
Can't Buy My Love, il secondo album, esce nell'aprile 2007 e raggiunge la prima posizione nella Oricon Chart, la più importante classifica del music business giapponese.
Senza dilungarmi più di tanto, posso descrivere questo disco come una serie di canzoni pop-rock assolutamente perfette, alcune più ritmate, altre più soft, ma tutte assolutamente trascinanti.
Ogni singolo pezzo è un concentrato di arrangiamenti curati nei minimi dettagli, di melodie riuscite e originali.
Su tutte spiccano i singoli "Rolling Star", la struggente "I Remember You", "Che.r.ry" e la bellissima "Goodbye Days", parte della colonna sonora del film Taiyō no Uta (Midnight Sun) del 2006, in cui la stessa Yui recita come protagonista.
Chiunque - e mi rivolgo a chi a questa musica non è avvezzo - avesse voglia di cimentarsi con una proposta certo smaccatamente easy listening ma di qualità sopraffina, nonchè di superare lo strano effetto che può fare sentire canzoni cantate in giapponese, si procuri senza indugio questo piccolo grande capolavoro di Jpop.

Tracklist:
  1. "How Crazy"
  2. "Rolling Star"
  3. "It's All Right"
  4. "I Remember You"
  5. "Ruido"
  6. "CHE.R.RY"
  7. "Thank You My Teens"
  8. "Umbrella"
  9. "Highway Chance"
  10. "Happy Birthday to You You"
  11. "Winding Road"
  12. "Good-bye Days"
  13. "Why?"
Voto: 8,0/10

Links:

http://www.yui-net.com/index.html
(è in giapponese, purtroppo non esiste un sito internazionale)



domenica 9 settembre 2007

Playlist settimanale (02.09 - 08.09)

Rieccoci al consueto appuntamento (come se non fosse solo il secondo). ^__^











Okkervil River - The Stage Names [Jagjaguwar 2007]

Domina decisamente la settimana l'ultima fatica degli Okkervil River; in diversi frangenti più movimentato e rockeggiante del precedente, bellissimo, "Black Sheep Boy", questo "The Stage Names" riconferma l'incredibile classe e il talento del gruppo di Will Sheff, fautore di un indie-folk sempre ricercato ed emozionante.

Genere: indie rock-folk

8,0/10











The For Carnation - The For Carnation [Touch&Go 2000]

Ritmi rallentati, atmosfere sospese nello spazio e nel tempo. La musica dei For Carnation si muove sotterraneamente disegnando paesaggi onirici, in cui la ripetizione diventa quasi una ninna nanna psichedelica - come nell'opener "Emp. Man's Blues".
A completare il quadro la voce bassa e sussurrata, che ricorda un certo Spiderland.
Un sound dalle atmosfere quasi ossessive, eppure caldo e avvolgente.

Genere: slow-core, post-rock

7,5/10












The Field - From Here We Go Sublime [Kompakt 2007]

Axel Willner aka The Field applica alla techno dei loop ripetitivi, che grazie a delle piccole ma costanti variazioni conferiscono ai pezzi una continua evoluzione interna. E questo partendo da minuscoli samples di canzoni già esistenti. Decisamente poco convenzionale, tuttavia l'esperimento convince.

Genere: ambient techno, dream techno

7,0/10











Long Fin Killie - Amelia [Too Pure 1998]

Premettendo che questo è il primo disco che ascolto, non saprei davvero come classificare i Long Fin Killie, se non come un gruppo che cerca di sperimentare il più possibile, di abbattere qualunque muro rischi di delimitare il loro campo d'azione. Unendo, almeno in questo caso, alla sperimentazione una spiccata sensibilità pop. Quindi qui ci troveremo un pò di tutto: dalle commisitioni rock-jazz, ai ritmi downtempo (vedi "lipstick" o "chrysler"), ai passaggi post-rock più atmosferici, incluse alcune parti sorprendentemente catchy per quanto atipiche.
Da ascoltare.

Genere - rock sperimentale, post-rock

7,5/10












Midlake - The Trials of Van Occupanther [Bella Union 2006]

Il Rock-Folk dei Midlake è elegante e rifinito, begli arrangiamenti, ottima sensibilità melodica.
Purtroppo in questo disco non tutte le tracce sono allo stesso livello, soprattutto rispetto alla prima, folgorante "Roscoe", un vero capolavoro. Nel complesso sicuramente un buon album, ma da metà in poi un pochino rischia di annoiare.

Genere: indie rock-folk

6,5/10

giovedì 6 settembre 2007

Innocence - Il sogno ad occhi aperti dell'età dell'innocenza

Innocence è un film del 2004 della regista francese di origini bosniache Lucile Hadzihalilovic.
Già dai primi fotogrammi è chiaro che non si tratta di un'opera convenzionale.
Per diversi secondi dopo i titoli di testa lo schermo è occupato dall'acqua, come se ci si trovasse sotto di essa, e da un forte gorgoglio ovattato.
Poi all'improvviso fuori: una cascata, vegetazione rigogliosa intorno. Alcune inquadrature ci mostrano un immenso e lussureggiante parco boschivo.
Poi un tunnel nella pietra, luci artificiali, fino a delle scale e una porta con scritto "3". Dentro, un'abitazione luminosa, modesta ma curata; in una stanza giace una bara, piccola, adatta per un bambino di 6-7 anni, con una piccola grata a forma di stella sul coperchio. Si sentono dei passi, e intorno alla bara si radunano prima una, poi due, e infine sei persone che non vediamo se non dalla vita in giù, ma che capiamo essere tutte bambine. La bara viene aperta, una bimba giace al suo interno; quando apre gli occhi vediamo i volti delle altre, la più grande delle quali inizia a parlare.

- Come ti chiami?
- Iris.
- Buongiorno, Iris.
Loro sono Nadja, Rose, Vera, Alice e Selma.
E io sono Bianca.














Questo l'incipit di Innocence. Nel giro di cinque minuti quella che la regista ci mette di fronte è una situazione strana, incomprensibile, e in un certo modo anche inquietante, unita ad un'ambientazione anch'essa colma di contraddizioni e interrogativi. Gli stessi personaggi sono un mistero: perché tutte bambine? Che ci fanno qui? E soprattutto, che posto è questo?
E da qui inizia anche la storia, che senza alcuna fretta di dare spiegazioni ci pone in un mondo parallelo, sognante e bucolico, una realtà tanto bizzarra quanto affascinante, a cercare di dare un senso preciso a quello che scorre davanti ai nostri occhi...








E il senso continua a sfuggire, mentre le splendide immagini piano piano ci catturano rendendoci partecipi di un'esperienza quasi onirica, al punto che trovare un senso quasi non ci importa più.

Senza aggiungere altro, consiglio di cuore la visione di Innocence, in quanto lo ritengo un film tanto particolare - per la storia ma anche per le scelte registiche - quanto affascinante - per i dubbi che insinua nello spettatore, la poesia da cui è pervaso e la splendida fotografia.
Il film in Italia non è stato distribuito, tocca quindi reperire l'originale francese (tramite i canali che ognuno preferisce..) e armarsi di sottotitoli.
Impegno di ben poco conto, vi assicuro, rispetto alla bellezza dell'opera in questione.


Nota: in Innocence è possibile evidenziare diversi punti di contatto (o si tratta proprio di ispirazione?) con un altro film, "Picnic a Hanging Rock" del regista Peter Weir (1975). Consigliata caldamente la visione anche di quest'ultimo.