domenica 29 giugno 2008

Playlist settimanale (15.06 - 21.06)

So che avevate ormai perso le speranze (se mai ne avete avute), ma tra horror coreani e gangster movies made in Hong Kong nelle ultime settimane mi sono dedicato alla musica meno di quanto avrei dovuto. Ecco qui tre dischi emersi in maniera assolutamente fortuita dal limbo degli ascolti degli ultimi tempi. Cheers!













I Beyond Sensory Experience sono un duo dark-ambient svedese facente capo all'etichetta Cold Meat Industry. La dimensione sonora in cui ci troviamo proiettati durante l'ascolto di questo No Lights in our Eyes è buia e statica, popolata da ombre stanche e sussurranti, che parlano o addirittura singhiozzano nell'oscurità ("Hearts and Minds").
Musica oscura, suggestiva e a tratti francamente inquietante.

Voto: 7,0/10

Genere: dark ambient, minimal











Andrea Parker - Kiss my Arp [Mo' Wax 1999]

Acclamata dj inglese con studi di violoncello alle spalle, Andrea Parker pubblica il suo debutto full-lenght per l'etichetta Mo' Wax (la stessa di DJ Shadow) nel 1999. Kiss my Arp si apre con un pezzo, "The Unknown", classicamente trip-hop: beat rallentato, inquieti arrangiamenti di archi, basso circolare e pulsante. Le coordinate spaziano poi fino all'ambient-techno alla Aphex Twin ("Some Other Level") o a sonorità downtempo ("Elements of Style"); tuttavia anche attraverso diversi stili il sound mantiene una forte inquietudine e tensione di base.
Quella di Andrea Parker è elettronica colta e raffinata, per nulla semplice ed indubbiamente brillante. Questo è uno di quei dischi che metterei in mano a quelli che ritengono l'elettronica un genere inferiore se non addirittura indegno.

Voto: 7,5/10

Genere: elettronica, IDM, downtempo












Dot Allison - Exaltation of Larks [Cooking Vinyl 2007]

Dorothy abbandona senza rimpianti la sensuale elettronica di We Are Science per dare sfogo alla sua anima cantautorale; e lo fa attraverso dieci bellissimi ed introspettivi pezzi acustici tra il folk e il pop. L'eterea voce di Dot si esprime in tutta la sua grazia su melodie sospese e malinconiche, tra pregevoli e composti arrangiamenti, in un flusso dolcissimo di sentimenti e parole.

Voto: 6,7/10

Genere: songwriter, folk

Otep - The Ascension [Capitol Records 2007]

Quando nel 2002 uscì Sevas Tra per me e per molti fu subito amore. I riff spaccaossa, i bellissimi testi e le linee vocali rappate e sofferte di Otep Shamaya erano più di quanto si potesse sperare da un gruppo “nu-metal”, genere non certo nuovo o poco esplorato. Pezzi come "Battle Ready", "T.R.I.C.", "Sacrilege" divennero subito da antologia del metal alternativo, nu-metal o comunque lo si voglia chiamare. Gioielli di rabbia e disperazione come i "lenti" "My Confession", "Emtee", "Jonestown Tea" si distinsero invece semplicemente per la sbalorditiva interpretazione vocale. Tutto contribuì alla definizione di un sound smaccatamente personale e convincente.
Nel 2004 uscì House of Secrets, che proseguì il discorso iniziato nel 2002 accentuando nettamente la componente “metal” e rendendo il sound, se possibile, ancora più oscuro. Rimaniamo su livelli elevati, per quanto non paragonabili all’esordio.

E veniamo al presente: The Ascension è il terzo full-lenght per la band di Los Angeles, e le aspettative che nutrivo mettendomi all'ascolto non potevano che essere, ovviamente, elevate.
Lo dico subito, non mi ha entusiasmato. A mancare irreparabilmente sono proprio le perle che elencavo sopra, i guizzi di genio nel costruire le vocals, la sperimentazione: tutto suona molto ordinariamente "(nu)metal". Ci sono certo buone intuizioni e l’esecuzione è come sempre impeccabile, ma da questo gruppo ci si aspetta di più, non ci sono storie. A onor del vero una sperimentazione ci sarebbe anche, ma forse era meglio evitare: l'escursione pop di "Perfectly Flawed", per quanto piacevole e ben strutturata, nulla aggiunge al disco, rimanendo una incomprensibile mosca bianca. Stesso discorso per l'insipida e palesemente riempitiva cover di "Breed" dei Nirvana (ma, dico, perchè?!).
Le highlights tuttavia ci sono, e si chiamano "Confrontation" e "Ghostflowers".
Il primo è un devastante rap-metal (thanks God!) in cui Otep sbraita cose come "Defy the tyrants, don't be silent"; da una parte è esaltazione, dall’altra rimpianto che si tratti di una caso isolato.
Il secondo è uno spettacolare pezzo dal sapore orientaleggiante, forte di un impressionante lavoro di basso, di una batteria con la cassa a mille e di un chorus dalle liriche imponenti:
You will know me from the scars I bare
You will know me by the hate i swear
In definitiva se c'è una cosa che non si rimpiange davvero è la qualità dei testi, ma di certo questo non basta. Gli altri pezzi si aggirano tra il sufficiente, il discreto - è il caso di "Home Grown", che nel ritornello richiama i fasti del passato - e il dimenticabile - "Invisible" è un'altra sorta di ballata tra il melodico e l'incazzato che finisce col non essere né carne né pesce.
Tra alti e bassi la noia è in agguato, e sebbene l'adorazione per questo gruppo di per sè mi porterebbe ad essere clemente, non posso proprio andare oltre la sufficienza.

Voto: 6,0/10

Genere: (Nu) Metal

Tracklist:

1. Eet The Children
2. Crooked Spoons
3. Perfectly Flawed
4. Confrontation
5. Milk Of Regret
6. Noose & Nail
7. Ghostflowers
8. Breed
9. March Of The Martyrs
10. Invisible
11. Home Grown
12. Communion
13. Andrenochrome Dreams

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sito ufficiale
anteprima su allmusic

mercoledì 11 giugno 2008

Epitaph, storie sospese fra la vita e la morte

















Titolo originale: Gidam

Produzione: Corea del Sud, 2007
Genere: Horror
Regia: Jeong Beom-sik, Jeong Sik
Sceneggiatura: Jeong Beom-sik, Jeong Sik
Durata:
98'

Corea del Sud, 1979: Park Jeong-nam ritrova un vecchio album di fotografie risalenti al 1942, quando era un giovane medico internista all’Anseng Hospital e la Corea era occupata dall’esercito giapponese. La sua mente ritorna a quattro giorni in cui fu testimone di eventi inspiegabili che segnarono la sua vita per sempre.

Il film racconta tre diversi episodi che si svolsero in quei giorni all’interno e nei pressi dell’ospedale.







Il primo riguarda direttamente il giovane Park Jeong-nam. Specializzando non troppo brillante, egli è tuttavia il protetto della direttrice dell’ospedale; tanto che presto ne sposerà la figlia, che non vede da quando era bambino, in un matrimonio combinato. Nel frattempo arriva in ospedale il cadavere di una giovane ragazza, morta suicida e rimasta intrappolata nel ghiaccio. Park Jeong-nam è di turno in obitorio e non resiste alla tentazione di vedere il viso della ragazza; la sua bellezza lo inquieta e lo rapisce, quasi che con lei ci fosse uno strano ed inspiegabile legame.







Il secondo episodio, precedente al primo cronologicamente, riguarda un bambina sopravvissuta miracolosamente ad un incidente in cui sono morti la madre e il patrigno. Giunta in ospedale la bimba, nonostante non riporti neanche un livido, soffre di afasia e di terribili incubi (?) in cui il fantasma della madre la tormenta.







Il terzo episodio, il più sanguinolento, ha a che fare con una serie di omicidi di soldati giapponesi; Kim In-yeong è la dottoressa incaricata delle autopsie. Il marito Kim Dong-won, anch’egli medico chirurgo, inizia ad avere dei sospetti sulla moglie, soprattutto da quando si è reso conto che essa non ha un’ombra…

A questo punto dovrebbe risultare chiaro come Epitaph sia tutt’altro che un film semplice o poco ambizioso. Tuttavia i registi, pur rischiando a tratti di esagerare coi ragionamenti e coi “plot twists” (e mi riferisco al terzo episodio), confezionano non solo un horror psicologico valido come non se ne vedono spesso, ma molto semplicemente un grande film.

L’ospedale è il setting ideale per queste tre storie di fantasmi: i corridoi angusti, l’illuminazione fioca e discontinua, l’isolamento dal resto del mondo. Le tre storie riescono ad essere tutte ugualmente appassionanti e cariche di tensione, unendo alle riuscitissime scene spaventose (alcune sono e resteranno tra le peggiori che ricordi) momenti di grande respiro poetico, consumati sul confine tra la vita e la morte. Più di una volta durante la visione sono stato colto dalla classica pelle d’oca, non solo per lo spavento, ma anche per l’atavica inquietudine mista ad attrazione generata da certi temi.







Il maggior pregio di Epitaph è quindi l’essere assolutamente vincente come film horror (spaventa) e l’offrire allo stesso tempo una trama complessa, ricca di spunti di riflessione “importanti”. Un risultato già portato a casa nel 2003 dal capolavoro A tale of Two Sisters di Kim Jee-Woon.

Dal punto di vista formale Epitaph è ineccepibile quando non formidabile (meravigliosa la sequenza crepuscolare nell'obitorio, ma ce ne sono molte altre), e si fregia di un’ottima, struggente colonna sonora. Bravi gli attori, tra cui spicca la rimarchevole interpretazione della piccola Ju Yeon Ko, protagonista del secondo episodio.

Nutrendo la solita scarsa fiducia nella lungimiranza dell'italiana distribuzione, consiglio di reperire Epitaph come immaginate e di munirvi dei sottotitoli che vi ho gentilmente tradotto (li trovate come sempre su Asianworld).

Collegamenti:

Trailer

Scheda IMDb

giovedì 5 giugno 2008

Cinema in pillole, #4

















D-War
di Hyung-Rae Shim, Corea del Sud 2007
Genere: fantascienza
Titolo alternativo: Dragon Wars

500 anni fa la figlia del signore di un villaggio in Corea, Narin, nasce con in sè il Yeo ui joo, capace di trasformare un serpente (Imoogi) in drago celeste. Haram e il suo maestro sono inviati dal paradiso per fare in modo che il Yeo ui joo vada, tramite il sacrificio della ragazza, all'Imoogi buono. Manco a dirlo sulle tracce del Yeo ui joo c'è pure un serpentone cattivo, tale Buraki, che allo scadere del ventesimo anno della ragazza attacca il villaggio col suo esercito. Haram e Narin, che nel frattempo si sono innamorati, non accettano il loro destino e si buttano da una rupe.
500 anni dopo la storia si ripete, solo che siamo a Los Angeles e al posto di Haram e Narin abbiamo le loro reincarnazioni.
Film coreano che punta chiaramente ad insidiare i blockbusters americani, questo D-War si presenta benino dal trailer, per rivelarsi in realtà una ciofeca indifendibile. Al di là di alcune discrete scene d'azione (che per un film del genere sono poi il minimo), trovo che D-War faccia acqua da tutte le parti.
I dialoghi oscillano fra il ridicolo e l'imbarazzante, l'approfondimento dei personaggi è pari a -10, la consequenzialità degli eventi a volte rasenta il paradossale. I personaggi compiono azioni e dicono cose che non hanno assolutamente senso nel mondo dei sani di mente; alcuni vengono addirittura ripetutamente abbandonati per poi risaltare fuori a caso (e guarda un po' sono pure di colore, viva i clichè), non c'è una sola scena che risollevi la storia dalla banalità più assoluta. Aggiungiamo verso il finale una blanda fotocopia di una famosa scena di The Lord of the Rings ed il gioco è fatto.
D-War va bene forse per un'oretta e mezza di svago, ma proprio niente di più e solo se non avete davvero di meglio da fare.
Anzi, se ci pensate qualcosa di meglio da fare lo trovate di sicuro.
Korea meets Hollywood? Se i risultati son questi, no grazie.

















Someone Behind You
di Oh Ki-hwan, Corea del Sud 2007
Genere: thriller/horror
Titolo alternativo: Two People
Titolo originale: Du saram-yida

Ka-In, studentessa delle superiori, è testimone del tentato omicidio della zia al di lei matrimonio, da parte del futuro marito; omicidio che viene portato a termine poche ore dopo in ospedale, da un'altra zia sorella della vittima. Il tutto senza apparente motivo. Ka-In assiste incredula a questa assurda ed insensata violenza; una maledizione sembra perseguitare lei e quelli che le stanno intorno, dando vita ad una epidemica follia omicida e spingendola a dubitare anche dei suoi cari ...
Che dire, se devo valutarlo esulando dal genere a cui appartiene è un film pieno di difetti, che riguardano soprattutto la sceneggiatura. La storia è sì intrigante, ma sviluppata in modo un po' confuso e conclusa in modo non del tutto soddisfacente.
Inoltre la protagonista ha sette vite come i gatti, cosa che dopo un po' diventa davvero forzata.
Se lo valutiamo invece come il film thriller/horror che è, Someone Behind You spacca letteralmente il culo - o potrei dire "centra in pieno il bersaglio", ma perchè rinunciare ad una delle mie espressioni preferite...
La tensione resta sempre su livelli altissimi, i colpi al cuore si sprecano, le uccisioni sono numerose e spesso efferate, e per finire alcune scene traboccano letteralmente di sangue; per gli appassionati insomma è un po' come essere al Luna Park.
Bravi gli attori, in particolare la protagonista Jin-seo Yun.

Trailer