mercoledì 30 luglio 2008

Cinema in pillole, #6

















This Charming Girl

di Lee Yoon-ki, Corea del Sud 2004
Genere: drammatico
Titolo originale: Yeoja, Jeong-Hye

Jeong-Hye è una ragazza di 29 anni. La sua è una vita solitaria e ripetitiva, che si divide tra il suo appartamento e il lavoro all'ufficio postale. Un trauma irrisolto nel suo passato l'ha allontanata dalle persone e dagli affetti, facendole preferire un'esistenza senza rischi e sofferenze. Ma qualcosa in lei comincia a cambiare quando realizza che non si può vivere in solitudine per sempre...
Ho trovato questo film estremamente riuscito e toccante, sebbene ad un primo sguardo possa sembrare anche eccessivamente composto e rigoroso. Lo studio di questo complesso ed affascinante personaggio regala invece grandi emozioni, limitandosi spesso a suggerirle piuttosto che servirle su di un piatto.
Attraverso una narrazione fatta di sguardi più che di dialoghi, siamo partecipi della combattuta evoluzione di Jeong-Hye, che cerca di vincere la sua paura di vivere e di distaccarsi da un passato che rischia di tenerla prigioniera per il resto della sua vita.
Il finale è un'esplosione silenziosa, eppure assordante per chi riesce a coglierla.
Buona parte del merito va all'eccezionale prova della bravissima e bellissima Kim Ji-Soo (Romance, Traces of Love), qui al suo esordio.
Splendido.

[trailer]

















Su-Ki-Da
di Hiroshi Ishikawa, Giappone 2005
Genere: drammatico

Quello che mi ha spinto alla visione di questo film è stata inizialmente la semplice presenza della mia amata Aoi Miyazaki, eppure ora sono convinto di aver visto un film assolutamente meraviglioso, come non mi succedeva da tanto tempo.
Su-Ki-Da (uno dei tanti modi per dire "Ti Amo") è una storia d'amore fatta di silenzi, incomprensioni, incapacità di comunicare i sentimenti. Il ritmo è lento, a tratti lentissimo, quasi surreale. Yu e Yosuke vivono in un mondo sospeso, in cui le giornate scorrono sempre uguali tra scuola e pomeriggi oziosi in riva al fiume. Il loro amore resta inespresso, ma il destino vuole che 17 anni dopo si incontrino di nuovo...
I brevi e radi dialoghi lasciano spazio al linguaggio del corpo, ai gesti e agli sguardi, da cui traspare con estrema chiarezza quello che i protagonisti non sanno dire a parole. Su-Ki-Da è un film di grandissima sensibilità, che indaga l'universo dei sentimenti e dell'amore in modo tanto discreto quanto intimo e, semplicemente, vero.
L'ennesima perla cinematografica che grazie alla nostra miope distribuzione non vedremo mai arrivare nel nostro paese.
Mi ha lasciato col groppo in gola, consigliato con tutto il cuore.

[trailer]

giovedì 10 luglio 2008

Cinema in pillole, #5

















The Red Shoes

di Kim Yong-gyun, Corea del Sud 2005
Genere: horror
Titolo originale: Bunhongsin

Una ragazza trova in metropolitana un paio di scarpette rosse (che poi non son rosse ma fucsia, ma vabbè, il titolo dice così); un'amica le vede e gliele ruba, salvo poco dopo incontrare una morte orribile. Le scarpette sembrano portare una maledizione mortale su chiunque le indossi...
Dopo il recente entusiasmo per Epitaph, mi sono buttato piuttosto fiducioso su questo horror coreano, che dal trailer pareva interessante e sanguinolento al punto giusto.
Purtroppo mi sono dovuto ricredere.
Nonostante parta bene, il film si dilunga incredibilmente su sequenze ed episodi inutili, tralasciando le cose davvero importanti. Ad esempio la vicenda che è alla base della maledizione, solo abbozzata e affidata più che all'indagine dei due protagonisti a flashback che non si sa da dove vengano e perchè; basti fare a riguardo un parallelo con The Ring, dove, anche se con diversa modalità, abbiamo sempre a che fare con un oggetto maledetto. Tutt'altro approccio, e tutt'altro risultato. Qui le cose sembra succedano perchè devono succedere.
The Red Shoes si ispira inoltre in maniera fin troppo evidente a classici del genere (Shining, Suspiria, e ovviamente Ringu/The Ring, con abbondanza dei soliti cloni di Sadako), tenta sul finire di stupire con l'ormai classico "plot twist", ma rimane quello che è: un film visivamente discreto ma nell'impianto registico e narrativo confuso, insipido, privo di mordente e soprattutto di personalità.
Nota negativa anche per la colonna sonora, inappropriatamente sopra le righe (l'organo liturgico non sta proprio bene con tutto) e ultra ripetitiva negli effetti sonori che sottolineano i colpi di scena.
Bocciato.


















Muoi, the Legend of a Portrait
di Kim Tae-kyeong, Corea del Sud/Vietnam 2007
Genere: horror

Yoon-hee è una giovane scrittrice coreana in difficoltà creativa. Il suo ultimo libro risale ormai a tre anni prima: una sorta di resoconto scandalistico sul suo gruppo di amici, ed in particolare sulla sua ex migliore amica Seo-yeon, bersaglio di calunnie e dicerie. Per il suo prossimo libro, basato sulla leggenda folkloristica vietnamita riguardante la "maledizione di Muoi", Yoon-hee ha bisogno proprio dell'aiuto di Seo-yeon, emigrata per l'appunto in Vietnam dove dipinge e assiste un professore universitario nelle sue ricerche sul folklore locale. Yoon-hee e Seo-yeon, sotto l'ombra di una malcelata tensione relativa al loro perduto rapporto, iniziano ad indagare sulla leggenda. 100 anni prima Muoi, amante rifiutata e sfigurata dalla rivale, si uccise per cercare vendetta sotto forma di spirito. Venne imprigionata in un ritratto, ma il sigillo durante la guerra fu infranto; si narra così che il 15 di ogni mese Muoi compia la sua vendetta...
Nella media degli horror made in Corea visti ultimamente Muoi fa tirare un discreto sospiro di sollievo. La regia infatti punta, più che sui facili spaventi, sulla costruzione di personaggi solidi e complessi e sull'imbastire una storia ricca di mistero. Sembra però addirittura eccedere nell'analizzare i tormentati rapporti tra le due protagoniste, tanto che a volte sembra di assistere ad un film drammatico più che ad un horror. Tutto sommato il risultato è buono, le protagoniste sono ben delineate (da sottolineare la presenza della splendida Cha Ye-ryeon, già in A Bloody Aria), il mistero avvince anche se non spaventa a morte, dal punto di vista formale siamo sui soliti standard sudcoreani, ovvero prossimi all'eccellenza. Ecco, sul finale si poteva davvero osare un po' di più, soprattutto avendo un girato tanto solido alle spalle. Comunque, in un panorama dove A Tale of Two Sisters e il recentissimo Epitaph sembrano destinati a rimanere per il momento casi isolati di genio orrorifico, ben vengano film come Muoi.

[trailer]