domenica 30 marzo 2008

Playlist settimanale (23.03 - 29.03)












Pizzicato Five - Happy End of the World [Matador 1997]

Voto: 8,5/10












Pizzicato Five - Bossa Nova 2001 [Columbia 1993]

Voto : 8,0/10

Decisamente sono i giapponesi Pizzicato Five la scoperta della settimana. La loro musica, un pirotecnico incontro fra gli anni 60, la bossa nova, l'electro-pop e il jazz che va sotto il nome di Shibuya-kei, è allegra, eclettica e dominata da un groove eccezionale.
Nati nel 1985, i Pizzicato Five sono stati probabilmente il gruppo giapponese più conosciuto nel mondo, oltre ad aver sfornato una quantità di dischi abnorme nei sedici anni di attività.
Parlando dei due dischi in questione: sono entrambi brillanti e superbamente eseguiti, con una maggior presenza in Happy End of the World di parti elettroniche e ritmi downtempo - il che dona all'album una varietà e longevità d'ascolto inaspettata, e spiega il mezzo punto in più.
Impossibile peraltro non notare una forte influenza nella musica fra gli altri di Stereolab, più recentemente Go! Team, e per certi versi Blonde Redhead.

Qualche video tratto dagli album in questione:

It's a Beautiful Day


Mon Amour Tokyo

Sweet Soul Revue


Genere: pop, bossanova













Maia Hirasawa - Though, I' Just Me [Razzia 2007]

Maia Hirasawa è una cantautrice mezza giapponese e mezza svedese, e questo Though, I'm Just Me è il suo disco d'esordio. La sue composizioni vanno da dolci ballate chitarra acustica e pianoforte a brani ritmati e scanzonati arricchiti da cori e arrangiamenti di fiati (And I Found This Boy), sempre improntate ad una fresca e genuina ispirazione pop. Nel suo spontaneo modo di cantare (che a volte ricorda un po' quello dell'islandese Bjork) si percepisce una forte vena intimista, l'espressione del piccolo, dolcissimo universo personale di cui con le sue canzoni Maia ci vuol rendere partecipi; ed è francamente una gioia starla a sentire.
Chi avesse dei dubbi si arrenda al secondo meraviglioso singolo, Gothenburg.

Voto: 7,7/10

Genere: songwriter, indie-pop












The American Dollar - The Technicolour Sleep [Yesh Music 2006]

Gli American Dollar propongono un soffuso post-rock strumentale fatto di rarefatti tappeti di synth, escursioni ambient-elettroniche, distanti arpeggi di pianoforte; suggestive textures sonore che spesso sfociano in strutture più tipicamente rock, o post-rock, dalle tinte solenni e drammatiche. Un po' come fanno i God is an Astronaut, ma non in maniera altrettanto convincente.
Detto questo The Technicolour Sleep è un disco sicuramente valido ed apprezzabile, che contiene anzi diversi bei momenti ("Signaling through the Flames" è uno di quelli).

Voto: 6,6/10

Genere: post-rock

giovedì 20 marzo 2008

Heavenly Forest - ovvero: semplicemente, ti amo

Heavenly Forest (titolo internazionale per Tada, Kimi Wo Aishiteru, letteralmente "Semplicemente, ti amo") è un film del 2006 di Takehiko Shinjo riconducibile ad un sottogenere del cinema romantico che sta sempre più prendendo piede in Giappone, e che va sotto il nome di "Pure Love".
Makoto Segawara (Hiroshi Tamaki) è un timido ragazzo con l'hobby della fotografia; il giorno della cerimonia di apertura dell'anno universitario incontra una strana ragazza che cerca di attraversare un incrocio molto trafficato. Lei, Shizuru Satonaka (Aoi Miyazaki), è una ragazza quantomeno originale: all'aspetto ancora poco più che una bambina, vistosi occhiali, capelli ruvidi, e uno strano gusto per l'abbigliamento. Tra i due, complice la difficoltà di entrambi ad inserirsi e a socializzare nell'ambiente universitario, nascerà presto un legame molto stretto e particolare, non privo di difficoltà.

Solitamente film del genere non li guarderei neanche in cartolina, se parlassimo delle solite smielate hollywoodiane. Non che questo non sia una smielata (perdio se lo è), ma ha diversi aspetti che lo rendono un film quantomeno interessante.


La prima cosa che ha catturato la mia attenzione (e la mia simpatia, che come al solito tende ad andare ai reietti) è che i due protagonisti, come già detto, sono ognuno a proprio modo dei "nerd", degli esclusi dalla socialità, per il proprio aspetto (Shizuru) o per propria scelta (Makoto).
La seconda e più importante questione è anche quella che fa funzionare tutto il film: l'alchimia che nasce fra Makoto e Shizuru, anche grazie alla bravura degli attori nei propri ruoli, è qualcosa che prende vita in un modo talmente spontaneo, naturale e credibile da risultare il vero motore di tutta la pellicola. Come è tipico dei film orientali i sentimenti non vengono ostentati - per quanto si raggiungano picchi di drammaticità davvero notevoli; spesso più che le parole o le azioni sono gli sguardi, le espressioni a descrivere quello che i protagonisti provano, dimostrando come sia in realtà difficile esprimere - e prima ancora, comprendere - le proprie emozioni.
Terzo, c'è un'attenzione e una cura della fotografia, delle inquadrature e nella scelta delle locations capace di regalare momenti di vera poesia visiva.
L'unico punto debole rimane probabilmente una certa parte della trama, forse troppo prevedibile (per quanto non manchino colpi di scena).



In definitiva, per essere un romantic movie questo Heavenly Forest mi è parso decisamente riuscito, poetico e coinvolgente nonchè godibilissimo sia dal punto di vista formale che narrativo.
Da maschietto ne consiglio la visione anche solo per ammirare la toccante performance della bellissima Aoi Miyazaki.
Un'ultima cosa: se qualcuno ha le lacrime facili rifletta bene prima di mettersi alla visione di Heavenly Forest, visto che qui a lasciarsi andare c'è davvero da consumare montagne di fazzoletti.

Collegamenti:

Trailer

Trailer lungo

Sito ufficiale (jp)



p.s. è possibile reperire i sottotitoli per Heavenly Forest su Asianworld

lunedì 17 marzo 2008

Playlist settimanale (09.03 - 15.03)

Complice una poderosa emicrania post weekend posto in colpevole ritardo gli ascolti della settimana appena trascorsa. Io e le scadenze non siamo mai andati d'accordo, devo dire. Questa settimana vi lascio inoltre con una citazione che amo. E' tratta dalla sceneggiatura del mai realizzato film Ubik, dal romanzo omonimo di Philip K. Dick (non ricordo se c'è anche nel libro ma mi pare di no).

Già, le piccole cose mi deprimono.
E' sintomatico di qualcosa.
Così quando arrivano i guai grossi sono già pronto a crollare.
E' la mia "volontà di fallimento".














Earth - The Bees Made Honey in the Lion's Skull [Southern Lord 2008]

Proprio quando credi di aver sentito più o meno un po' di tutto arriva qualcosa che ti fa ricredere. Gli Earth di Dylan Carlson esistono dal 1990 (io li scopro solo ora ma vabbè, vorrà dire che mi farò la discografia a ritroso) e sono artefici di un rock strumentale minimalista, con strutture dilatate che sembrano ripetersi all'infinito, spesso appoggiandosi sempre su un'unica tonalità (il famoso drone), una marcatissima componente psichedelica di Sabbathiana memoria. In sostanza siamo di fronte a pezzi basati su semplici e ripetitivi giri di chitarra più o meno distorta, tempi di batteria lenti e cadenzati, qua è là tappeti di hammond, accordi di pianoforte. Detto così non rende l'idea, ma provate ad ascoltare un pezzo come "Rise to Glory" o "Omens and Portents II: Carrion Crow" per capire quanto questa musica sia in realtà una potente fucina di immagini sublimi e suggestive, di scene da cinema western, di tramonti infuocati nel deserto - e i rimandi alla musica di Ennio Morricone sono continui, se non costitutivi.

Non avendo per ora termini di paragone con gli altri album forse esagererò, ma non posso che dire che "The Bees Made Honey in the Lion's Skull" mi è piaciuto e molto.

Voto: 7,7/10

Genere: psychedelic, drone music












Meshuggah - ObZen [Nuclear Blast 2008]

Ritornano i Meshuggah - che non seguivo da quel compendio di destrutturazione che era "Nothing" del 2002 - ed è un nuovo assalto sonoro, un nuovo attacco alle fondamenta della musica in 4/4.
Al primo ascolto a metà disco sono già annichilito. Basta un pezzo come "Bleed": sembra di entrare in una segheria infernale che viene travolta da una frana di macigni.
La formula ovviamente non ha subito grossi rinnovamenti rispetto al passato, tuttavia si nota una certa tendenza ad equilibrare i tipici "tempi dispari" e parti più "dritte", nonchè qualche spruzzata di Tool qua e là (vedi i primi secondi dell'opener "Combustion")
Insomma sono i Meshuggah, con il loro gusto perverso per il tempo indecifrabile e quella maniacale precisione che ne fa il gruppo ritmicamente più devastante che conosca nell'attuale panorama "metal".

Voto: 7,0/10

Genere: metal

domenica 9 marzo 2008

Playlist settimanale (02.03 - 08.03)

E dopo una vergognosa latitanza ritorniamo alle sane abitudini! Oltre ai tre titoli di cui parliamo oggi ho diversi altri ascolti "in progress", che manco a dirlo finiranno - se tutto va bene - nelle prossime playliste.













Yob - The Illusion of Motion [Metal Blade 2004]

Era da qualche tempo ormai che non riascoltavo questo gioiello di doom metal; o meglio, possiamo parlare di post metal con forti richiami alla psichedelia, allo space rock e all'ipnotico riffing sabbathiano.
Questo Illusion of Motion consta di soli quattro pezzi, le cui durate vanno dai canonici 6'11'' di "Doom #2" agli inquietanti 26'10'' della title track.
Siamo quindi di fronte ad una proposta "metal" ben coraggiosa e non allineata.
L'atmosfera che si respira nella musica degli Yob è quella di un viaggio allucinato e allucinogeno, in cui troviamo la ripetizione ossessiva (e non tanto per dire) di una medesima struttura ("Exorcism of the Host"), episodi ai limiti del minimalismo in cui abbiamo una singola corda - o al massimo dei bicordi - che vibra nel nulla scandendo sinistri rintocchi. E ancora, ritmi iper rallentati in cui le chitarre più che suonare sembrano gemere e lamentarsi, mentre il suono avanza, lentamente, come un macigno - e l'illusione del movimento sta appunto in questo.
Altra componente fondamentale a definire l'originalissimo sound degli Yob è il cantato. Mike Scheidt alterna delle parti in growl filtratissime a parti pulite molto acute, stridule e cantilenanti, che fanno pensare ad un Ozzy Osbourne alieno e psicotico.
Un album semplicemente grandioso.

Voto: 9,0/10

Genere: doom metal, post metal













Black Mountain - In the Future [Jagjaguwar 2008]

Questo dei Black Mountain è come si suol dire un bel pout pourri di generi e influenze differenti, che grossomodo fanno capo alla psichedelia anni 70, ma anche al folk, al rock progressivo, allo stoner rock ispirato dai Black Sabbath, ai Led Zeppelin.
Insomma un sound molto molto eterogeneo, tra un pezzo e l'altro ma anche all'interno dei singoli pezzi (esemplari in questo senso i sedici minuti di "Bright Lights"), che tuttavia convince, evidentemente grazie ad un songwriting capace di esaltare le diverse influenze riuscendo allo stesso tempo a farle funzionare in maniera omogenea tra di loro.
Sicuramente questo "In The Future" è un disco che è possibile apprezzare appieno solo dopo diversi ascolti, in quanto ricchissimo di riferimenti e sfumature che percorrono trasversalmente una grossa parte della musica "rock".

Voto: 7,6/10

Genere: rock psichedelico













Olivia - The Cloudy Dreamer [Cutting Edge 2007]

Olivia Lufkin è, insieme alle altre di cui ho già parlato in passato sul blog, una delle mie artiste preferite del panorama jpop. Essenzialmente perchè ad una sensibilità fortemente dark ed introspettiva unisce una musica spesso aggressiva ma comunque piena di brillanti intuzioni pop, ed una voce dolce ed esile - che ben contrasta con il mood dei pezzi più duri, esaltando viceversa la carica emotiva delle ballate. Questo mini-album contiene dei pezzi alla luce di quanto detto splendidi: Stars Shining Out, Wish, Cloudy World.
Così come delle altrettanto riuscite ballate (If You Only Knew, A Little Pain).

Voto: 7,0/10

Genere: jpop, jrock