giovedì 1 gennaio 2009

Cinema in pillole, # 9

Inauguro il nuovo anno con un aggiornamento sugli ultimi film che ho visto. Buon 2009!


















Il Mare
di Hyun-seung Lee, Corea del Sud 2000
Genere: drammatico, romantico, fantascienza
Titolo originale: Siworae (lett. "time-transcending love")

"Il Mare" è il nome di una casa costruita su delle palafitte in riva all'oceano. Eun-joo, (la Jeon Ji-hyun già protagonista di My Sassy Girl) al momento di traslocare dalla casa, lascia un messaggio nella cassetta delle lettere chiedendo al futuro inquilino di inoltrare le lettere per lei al suo nuovo indirizzo. Nelle scene successive vediamo Sung-hyun sistemarsi nella casa. Quando apre la cassetta delle lettere e trova il messaggio di Eun-joo resta stupito: la lettera è datata 1999, due anni più avanti del presente, e lui è il primo inquilino de Il Mare.
La cassetta delle lettere sembra avere il potere di mettere in comunicazione due linee temporali separate: comincerà così lo strano rapporto fra Eun-joo e Sung-hyun.
Il Mare è un film che si pone da qualche parte fra la fantascienza e il romantico, e lo fa con grande delicatezza e senza inutili esagerazioni. L'eterno tema dell'amore impossibile qui vede gli amanti separati nientedimeno che dal flusso inarrestabile del tempo; eppure i sentimenti riescono a valicare anche quello che pare invalicabile. Nonostante soffra di qualche eccessiva complicatezza legata all'espediente dello sfasamento temporale, Il Mare è un film intelligente, profondo, toccante e interpretato da ottimi attori.

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My Mighty Princess
di Jae-young Kwak, Corea del Sud 2008
Genere: commedia, romantico, azione
Titolo originale: Mu-rim-yeo-dae-saeng

Il regista del fortunatissimo My Sassy Girl torna con una frizzante commedia che mescola gli elementi più disparati, dai triangoli amorosi alle arti marziali.
La bella So-hwi (Min-a Shin) è un giovane prodigio delle arti marziali, nelle quali il padre l'ha istruita severamente fin da bambina. Questa particolare scuola la rende in grado di compiere balzi disumani e di avere un corpo resistente come la roccia. Tuttavia questi poteri tanto straordinari fanno sì che i suoi coetanei abbiano paura di lei e la evitino; So-hwi decide così di abbandonare la arti marziali per cercare di avere una vita normale. Il padre, preoccupato per la perdita di un simile talento, si trova nel frattempo a dover fronteggiare il malvagio Heuk-bong, deciso a prendere il comando del mondo delle arti marziali uccidendone i più grandi spadaccini.
Sarà già chiaro a questo punto come My Mighty Princess tenti di fondere elementi e toni anche diversissimi fra loro, passando dal comico al drammatico, dalla commedia romantica al film d'arti marziali vero e proprio. Ognuna di queste parti in sè funziona, ed in particolare la seconda metà del film offre un ottimo intrattenimento con spettacolari acrobazie e improbabili colpi segreti al chiaro di luna. Inoltre la forza sovrumana di So-hwi ben si presta a frequenti e spassose gag.
Tuttavia il risultato è davvero un po' troppo caotico e disorganico, tanto che se qualcuno ci chiede che tipo di film abbiamo visto è abbastanza difficile dare una risposta. Troppa carne al fuoco quindi? Indubbiamente sarebbe stato meglio sviluppare meglio le parti importanti e tralasciarne del tutto altre che, per forza di cose, vengono introdotte e poi non più sviluppate.
My Mighty Princess è adatto ad una visione non troppo impegnativa, e in fin dei conti si guarda con piacere. Lode alla bella protagonista.

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Sex is Zero
di Je-gyun Yun, Corea del Sud 2002
Genere: commedia, romantico
Titolo originale: Saekjeuk shigong

Sex is Zero va fatto rientrare nel filone delle cosiddette "Sex Comedies", genere che qualcuno potrebbe conoscere per titoli come American Pie o meno noti precursori, ma che tuttavia in Corea ha proprio in questo titolo il suo primo esempio. E' da sottolineare che, a differenza dei titoli americani, Sex is Zero in Corea del Sud è stato un vero e proprio successo, con oltre quattro milioni di biglietti venduti; questo sicuramente grazie ad un approccio fortemente goliardico che però non dimentica di trasmettere un chiaro messaggio (sin dal titolo).
Sex is Zero è divisibile in due parti molto ben definite. La prima ci mostra una serie interminabile di gag ammiccanti, parziali nudità and so on, che ruotano attorno ad Eun-shik, rozzo e un po' sfigato studente universitario che si innamora della più bella studentessa della squadra di aerobica. Nonostante un paio di scene siano davvero un po' troppo "grosse", si ride e parecchio. La seconda parte cambia completamente registro, introducendo elementi drammatici e temi anche piuttosto forti - nella fattispecie si parla di aborto. Le due parti si controbilanciano, facendo sì che l'opera risulti essere qualcosa di più di una semplice e volgarotta (seppur divertente) commedia sex-oriented.
Nel complesso Sex is Zero merita senz'altro di essere visto.

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domenica 2 novembre 2008

Eureka, l'incomunicabilità tra gli esseri umani

















Titolo originale:
Yurîka

Produzione: Giappone, 2000
Genere: Drammatico
Regia: Shinji Aoyama
Sceneggiatura: Shinji Aoyama
Durata:
217'

Naoki e Kozue sono due studenti delle medie, fratello e sorella. Un giorno l'autobus con cui stanno tornando da scuola viene preso in ostaggio da un pazzo armato di pistola, che prima di essere abbattuto dalla polizia uccide tutti i passeggeri tranne l'autista e i due ragazzini. Seduti in fondo all'autobus, Kozue e Naoki vedono l'assassino freddato sotto i loro occhi, poco prima che riesca ad uccidere anche loro.











Quella a cui assistiamo nei momenti seguenti è la rapida disgregazione della famiglia di Naoki e Kozue, investita dal peso di avere due figli scampati alla strage e dalle insistenti maldicenze che sostengono che Kozue sia stata violentata dal rapitore. La madre abbandona così la famiglia e, poco dopo, il padre muore in un incidente d'auto. I due si trovano ad abitare da soli nella grande casa di famiglia, tormentati dalle telefonate dei parenti interessati esclusivamente a spartirsi i soldi dell'assicurazione sulla vita del padre.
Anche Makoto, l'autista dell'autobus, esce distrutto dall'esperienza: lascia il lavoro e inizia a vagabondare senza una meta precisa, finchè non decide di trasferirsi a vivere insieme a Naoki e Kozue, cercando di ridare un senso di normalità sia alla sua vita che alla loro. Dopo poco tempo si unisce a loro il cugino ventunenne dei ragazzi, Akihiko; inizialmente un "infiltrato" degli avidi parenti, entrerà ben presto di diritto nel singolare gruppo familiare. Un giorno Makoto compra un autobus e tutti insieme partono per un avventuroso e nelle intenzioni terapeutico viaggio on the road.
A complicare ulteriormente il quadro, diverse donne vengono trovate assassinate nei dintorni.











Eureka è un film complesso, fortemente analitico verso i suoi personaggi, che pure attraversa una invidiabile varietà di generi cinematografici quali il drammatico, il thriller, il road movie.
Il tema portante di Eureka è l'incapacità dei suoi personaggi di comunicare, fra di loro e con il mondo. Naoki e Kozue dal giorno dell'incidente non dicono una parola, per quanto i loro gesti e sguardi facciano percepire il forte legame che c'è tra di loro. Anche Makoto è un uomo di poche parole, in perenne bilico fra un innegabile carisma e una schiacciante debolezza. L'unico personaggio comunicativo ed estroverso è Akihiko, che però proprio per questo suo carattere così diverso dai suoi coinquilini prima, e compagni di viaggio poi, si trova nella medesima impossibilità di comunicare con loro .
Questa incomunicabilità è trasmessa in modo evidente dalla macchina da presa, i cui frequenti campi lunghi inscrivono i personaggi in inquadrature fisse in cui essi si muovono senza mai veramente incontrarsi. Solo in momenti ben specifici vediamo i loro volti in primo piano; per la maggior parte del tempo essi restano distanti, così come le loro emozioni. L'appiattimento dei rapporti umani è simbolizzato chiaramente anche nella scelta cromatica del quasi bianco e nero (sepiatone).











Il viaggio assume in Eureka una vera funzione di ricerca di sè stessi e delle proprie radici. Lo stesso Makoto dice, nel parcheggio dove anni prima lui, Kozue e Naoki avevano visto la morte in faccia: "volevo ripartire da qui". Sarà proprio grazie a questo viaggio che i protagonisti affronteranno le proprie paure e ognuno troverà, forse, il suo giusto posto.
Eureka è un film giapponese che più giapponese non si può. I momenti interlocutori, i lunghi silenzi, i gesti, gli sguardi, e tutte quelle cose che vengono lasciate all'interpretazione dello spettatore, insieme alla durata assai impegnativa (220'), ne fanno un pezzo di cinema di difficile fruizione per lo spettatore medio occidentale. Parallelamente Eureka è un film di una profondità rara, in cui nulla di ciò che vediamo è lasciato al caso, e tutto è al servizio della storia e, soprattutto, dei suoi personaggi. L'utilizzo fortemente espressivo e simbolico della macchina da presa e delle inquadrature è una cosa talmente caratteristica e funzionale in questo senso da risultare evidente anche ad uno spettatore non addetto ai lavori (quale il sottoscritto).
Eureka è un grande film, del tutto estraneo a superficiali logiche cinematografiche da grande pubblico, ma piuttosto teso ad esplorare le zone più nascoste dell'animo umano, quelle che definiscono il nostro rapporto con gli altri, con il mondo, con la nostra stessa esistenza.

domenica 28 settembre 2008

Cinema in pillole, # 8



















Spider Lilies

di Zero Chou, Taiwan 2007
Genere: drammatico
Titolo originale: Ci Qing

Takeko (Isabella Leong) ha uno studio di tatuaggi. Lei stessa ha un tatuaggio sul braccio rappresentante gli spider lilies, fiori che segnano il percorso dal mondo dei vivi a quello dei morti. Questo tatuaggio è l'unico legame rimastole con il defunto padre e con il fratello minore, affetto da disturbi psichici. Vive una vita solitaria divisa fra il lavoro e le attenzioni necessarie al fratello.
Jade (Rainie Yang) è una giovane ragazza che vive sola con l'anziana nonna. Sbarca il lunario lavorando per una chat a luci rosse, trasformando la sua spoglia camera nel set dei suoi spettacoli. Per quanto esteriormente più allegra e vitale, la sua esistenza non è meno solitaria di quella di Takeko. Un giorno Jade entra nello studio di Takeko e le chiede di tatuarle gli spider lilies, in ricordo del suo primo amore...
Spider Lilies racconta l'amore apparentemente impossibile fra queste due ragazze, una vittima dell'abbandono e di un amore totalizzante, l'altra schiava di un insopportabile senso di colpa. Anche se l'avvicinamento sembra irrealizzabile, e le catene che le legano al passato impossibili da spezzare, Jade e Takeko tendono inevitabilmente l'una all'altra, sospinte da una passione più grande di loro.
La narrazione insiste ovviamente sui due personaggi principali, sui loro drammi personali e sul loro tormento interiore, analizzando il loro rapporto anche attraverso graduali flashback che ne chiariscono il passato.
Caratterizzato da uno stile prevalentemente asciutto e freddo, Spider Lilies riesce comunque ad emozionare, grazie ad una buona regia - che non disdegna verso il finale escursioni visionarie alla David Lynch - e soprattutto all'ottima prova delle due attrici protagoniste.
Vincitore dell'Asian Film Festival come miglior film e del Teddy Award al Festival Internazionale di Berlino; nomination al Festival Internazionale di Bangkok.

[Trailer]


















My Sassy Girl
di Jae-young Kwak, Corea del Sud 2001
Genere: commedia, romantico
Titolo originale: Yeopgijeogin geunyeo

Gyeon-woo (Cha Tae-hyun) è uno svogliato e poco brillante studente delle superiori. Un giorno sulla banchina della metropolitana salva un ragazza visibilmente ubriaca (Jeon Ji-hyun) dall'essere travolta da un treno. Salito a bordo, assiste impotente alle gesta della misteriosa ragazza, che, in preda alla sbornia, vomita in testa ad un povero nonnetto, per poi crollare svenuta. Non prima di aver apostrofato Gyeon-woo "tesoro", cosa che agli occhi dei passeggeri lo obbliga ad assumersi la responsabilità della ragazza... Inizia così il rapporto fra Gyeon-woo e la ragazza (di cui durante il film non ci è dato sapere il nome), che oltre ad essere molto bella è anche una forte bevitrice, un'attaccabrighe, nonchè una compagna violenta e vendicativa. Al di là del suo atteggiamento da spaccona - a cui dobbiamo buona parte delle gag più riuscite del film - nasconde un animo fragile e segnato da una grave perdita.
Nonostante pecchi indubbiamente di prolissità e di certe sequenze non proprio funzionali (vedi la parte nel Luna Park) My Sassy Girl ha dalla sua una freschezza ed una esuberanza non comuni, nonchè una varietà di registri e situazioni assolutamente invidiabile. Se da un lato c'è da spassarsela nel seguire le angherie e i crudeli scherzetti a cui Gyeon-woo è continuamente sottoposto dalla sua "dolce" metà ("Vuoi morire? Tu prendi un caffè!" ), dall'altro assistiamo ad una sempre maggior attenzione per i personaggi e i sentimenti che si nascondono sotto la superficie. Attenzione sempre più evidente man mano che ci si avvicina alle ultime battute, in cui ci si rivela un inaspettato colpo di scena e i due affrontano finalmente con consapevolezza quello che provano l'uno per l'altra.
La visione di My Sassy Girl richiede insomma di lasciarsi un po' andare, di farsi trasportare dalla corrente; solo così si potrà gustare appieno quello che si nasconde dietro una facciata da frivola e disimpegnata commediola "pop" romantica, ovvero una riuscita ed intelligentemente bilanciata commistione fra toni comici, sentimentali e drammatici. Cose che in Occidente nel cinema "mainstream" ci sogniamo; tant'è che è in arrivo il solito, prevedibile e a naso ampiamente prescindibile remake hollywoodiano.

[Trailer]

giovedì 4 settembre 2008

Graveyard Girl

Di solito non adotto la formula del post "mordi e fuggi", ma in questo caso l'eccezione è più che giustificata. Graveyard Girl è il primo singolo tratto dal nuovo lavoro degli shoegazers francesi M83, "Saturdays = Youth".
Il video è un semplice quanto poetico spaccato di confusione adolescenziale, al cui centro c'è una ragazzina "diversa" ma proprio per questo molto più affascinante rispetto alla massa dei suoi coetanei. Allego il bellissimo testo.


Death is her boyfriend
She spits on summers and smiles to the night
She collects crowns made of black roses
But her heart is made of bubble gum
  Graveyard girl
Dark rags and red stars
She's the dirty witch of her high school
She worships Satan like a father
But dreams of a sister like Molly Ringwald
   "I'm gonna jump the walls and run
   I wonder if they'll miss me?
   I won't miss them.
   The cemetery is my home
   I want to be a part of it,
   Invisible even to the night.
   Then I'll read poetry to the stones
   Maybe one day I could be one of them...
   Wise and silent.
   Waiting for someone to love me.
   Waiting for someone to kiss me.
   I'm fifteen years old
   And I feel it's already too late to live.
   Don't you?"
I can't help my love
For graveyard girl.

domenica 31 agosto 2008

Cinema in pillole, #7

















Strawberry Shortcakes

di Hitoshi Yazaki, Giappone 2006
Genere: drammatico

Strawberry Shortcakes racconta la storia di quattro donne e delle loro solitudini nel grande vuoto metropolitano di Tokyo.
Satoko, che all'inizio vediamo - in una scena piuttosto delirante - mentre cerca disperatamente di trattenere il suo ragazzo che la sta lasciando, fa la centralinista all'"Heaven's Gate", un' agenzia di accompagnatrici.
Una delle accompagnatrici è Akiyo, che nasconde da anni il suo lavoro ad un vecchio compagno di scuola di cui è segretamente innamorata.
Toko dipinge illustrazioni per libri e riviste, ma la frustrazione derivante dalla scarsa considerazione che le sue opere ricevono a fronte delle notti insonni passate alla ricerca dell'ispirazione la spinge verso la bulimia.
Chihiro, che divide l'appartamento con lei, è un'impiegata con l'ossessione per il vero amore e il matrimonio; questo la porta a sopravvalutare una semplice avventura con un collega.
Queste quattro figure femminili lottano disperatamente contro le difficoltà e gli insuccessi delle loro vite, che sembrano negare loro non solo la felicità ma anche un semplice, vero contatto umano. La soluzione è come spesso accade più vicina di quanto non si creda, anche se forse è diversa da quella che si vorrebbe. Basta non perdere la speranza.
Il panorama ricorda molto da vicino quello di Tokyo.Sora di Hiroshi Ishikawa, ma qui c'è spazio anche per toni più leggeri o perlomeno ironici: Satoko trova un pietra per terra e, ritenendola un asteroide e in quanto tale segno di Dio, la idolatra come un dio vero e proprio, chiedendole quotidianamente di esaudire i suoi desideri - nella fattispecie, che qualcuno si innamori di lei.
Strawberry Shortcakes è uno di quei film che trasportano dentro di sè, lasciandoci pieni di pensieri e con il senso di aver vissuto una vera esperienza. Uno di quei film che spingono a riflettere su sé stessi e sulla vita.

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Hansel and Gretel
di Yim Pil-Sung, Corea del Sud 2007
Genere: fantasy/horror/drammatico

Eun-soo ha un incidente lungo una strada di campagna, e la sua auto esce di strada. Si risveglia di notte nel mezzo di una foresta; una strana bambina lo conduce fino ad una casa che sembra uscita da un libro sulle fate, dove vive coi genitori ed altri due bambini. Ben presto Eun-soo si renderà conto che, per quanti sforzi faccia, qualcosa gli impedisce di uscire dalla foresta e di abbandonare i bambini che vivono nella casa...
Una commistione fra toni fiabeschi, orrorifici e drammatici: questi i tratti distintivi della pellicola. Inevitabile il rimando alle cupe favole di Guillermo del Toro: mi riferisco in particolare a "Il Labirinto del Fauno", con cui Hansel and Gretel ha più di un punto in comune, dalla prospettiva infantile che vede l'immaginazione come unica possibile via di fuga da una realtà insostenibile, alla presentazione di due mondi, quello adulto e quello dei bambini, talmente distanti da risiedere su due differenti piani dell'esistenza.
Per quanto la storia evolva fino al finale senza troppe sorprese, Hansel and Gretel è un film che turba e, anche se con un filo di ruffianaggine di troppo, commuove. Formalmente ogni aspetto è molto curato, e del resto siamo davanti ad una produzione ad alto budget; molto bello fra l'altro il commento sonoro, che ben descrive l'aura fatata e sospesa di cui il film è pervaso.

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The Railroad
di Park Heung-Sik, Corea del Sud 2007
Genere: drammatico
Titolo originale: Gyeongui-seon

Man-Soo fa il macchinista sui treni della metropolitana a Seoul. Ogni tanto una ragazza si avvicina al suo treno e gli consegna una rivista e qualcosa da mangiare. Man-Soo se ne invaghisce, ma la ragazza non gli rivela il suo nome, limitandosi a sorridere mentre il treno riparte.
Hanna è una lettrice part time in un college privato. Intrattiene da tempo una relazione con un professore sposato.
Qualcosa fa crollare il già precario mondo di entrambi, che, da perfetti sconosciuti, si ritroveranno ad essere soli nello stesso posto: il capolinea di una linea ferroviaria, di notte ed in mezzo ad una forte nevicata. Dopo un esordio di bugie e diffidenze il comune, momentaneo destino porterà sincerità e comprensione, dando forse una nuova prospettiva alla vita di entrambi.
Il tutto a pochi passi dalla DMZ, la linea di demarcazione fra Corea del Nord e Corea del Sud; ovviamente non è un caso che alla separazione dei cuori e dei singoli esseri umani faccia da cornice la separazione di un'intera nazione.
Come spesso accade i sentimenti nascosti, le sofferenze patite in silenzio, commuovono infinitamente di più di qualunque melodramma hollywoodianamente ostentato, o spremuto fino all'ultima, inverosimile goccia.
Grazie ad un intreccio che non si lascia tentare, nel nome dello sfogo di sentimenti e passione proibite, da implausibilità assortite (e mi viene in mente il pasticciatissimo "Romance" di Moon Seung-wook) The Railroad riesce appieno anche nel bellissimo, accennato finale.
Vincitore del primo premio al Samsung Korea Film Fest 2008, Firenze.
Io, dal canto mio, non posso che raccomandarlo; film così intensi pur nella loro semplicità non capitano spesso.

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domenica 17 agosto 2008

Playlist settimanale (10.08 - 16.08)

Ritorna l'ormai peregrina playlist, con un paio di novità e alcuni riascolti. Dedicata ai lettori più affezionati.
Dai, lo so che ci siete.












God is an Astronaut - No Return [Revive 2007]

L'ultimo singolo dei God is an Astronaut esce solo in download alla fine del 2007 ed è un brano di circa sette minuti, al solito interamente strumentale, al solito in bilico fra post-rock, elettronica ed ambient.
Come posso descrivere dunque questo nuovo brano della band irlandese?
Fra momenti di quiete e deflagrazioni sonore, ancora una volta la loro musica è un vortice verso le stelle, un'inarrestabile ascesa verso uno spazio ignoto eppure meraviglioso. Un viaggio da cui forse non ci sarà ritorno, ma per cui vale la pena rischiare.
Inutile dire che attendo spasmodicamente un nuovo album.

Voto: 7,2/10

Genere: post-rock

Ed ora un gruppo a cui sono particolarmente legato, sebbene non abbia ancora una conoscenza completa della loro discografia. Possiamo dire che per un certo periodo sono stati la perfetta colonna sonora della mia vita.
I Type O Negative sono una di quelle band che non suonano come nessun'altra. Vuoi perchè al sapore fortemente gotico della loro musica - che potremmo definire gothic rock o gothic metal - uniscono una profonda accuratezza nella scelta dei suoni e nella produzione. Vuoi perchè ai frequenti riff mutuati dai Black Sabbath sanno coniugare una vena melodica pop di derivazione Beatlesiana (e non me lo invento io, i Beatles sono un'ispirazione dichiarata). Vuoi perchè ad una concezione profondamente tragica e autodistruttiva della vita e dell'amore affiancano humour sottile e autoironia. Infine, vuoi per la figura controversa quanto carismatica del leader Peter Steele, la cui voce baritonale veicola liriche sofferte, depressive, nichiliste e spesso provocatorie o comunque le si legga "scomode".
Una rapida carrellata sui riascolti ed infine il disco nuovo (nuovo per me, è del 2007 ).












Type O Negative - Bloody Kisses [Roadrunner 1993]

Voto: 8,5/10












Type O Negative - October Rust [Roadrunner 1996]

Voto: 8,0/10












Type O Negative - Life is Killing Me [Roadrunner 2003]

Voto: 6,0/10












Type O Negative - Dead Again [Steamhammer 2007]

Dopo la delusione di "Life is Killing Me" temevo che la band di Steele avesse imboccato una parabola discendente senza ritorno, finendo schiava del proprio manierismo e incapace di ritrovare i colpi di genio che fecero grandi i primi dischi.
Felice di sbagliarmi. Giunto al termine del primo ascolto di Dead Again avevo in mente una cosa sola: riascoltarlo. E non una, ma due, tre, quattro volte e poi ancora.
Ritornano dagli esordi i pezzi lunghi in più "movimenti" (The Profits of Doom, These Three Things), che se da un lato possono far storcere il naso per l'eccessiva eterogeneità, dall'altro non possono che colpire per la frequenza di riff indovinati, di melodie riuscite. Così come ritornano gli episodi più veloci e simil thrash (Dead Again, Halloween in Heaven), che erano poi gli unici davvero convincenti del precedente lavoro.
Qua e là si avverte qualche lungaggine di troppo e una certa dose di riciclaggio, ma Dead Again rimane comunque un disco solido ed ispirato, secondo chi scrive il più riuscito dai tempi di October Rust. Un disco che sicuramente non uscirà dai miei ascolti tanto presto. E ai tempi del peer to peer, scusate, non è poco.

Voto: 7,5/10

Infine per la serie "amori di gioventù":












Def Leppard - Hysteria [Mercury 1987]

Come faccio a dare un voto ad un disco che da neanche adolescente ho ascoltato 5-6 volte al giorno per mesi e mesi? Non posso essere obiettivo. Comunque sia, è amore imperituro.

Genere: hard rock

mercoledì 30 luglio 2008

Cinema in pillole, #6

















This Charming Girl

di Lee Yoon-ki, Corea del Sud 2004
Genere: drammatico
Titolo originale: Yeoja, Jeong-Hye

Jeong-Hye è una ragazza di 29 anni. La sua è una vita solitaria e ripetitiva, che si divide tra il suo appartamento e il lavoro all'ufficio postale. Un trauma irrisolto nel suo passato l'ha allontanata dalle persone e dagli affetti, facendole preferire un'esistenza senza rischi e sofferenze. Ma qualcosa in lei comincia a cambiare quando realizza che non si può vivere in solitudine per sempre...
Ho trovato questo film estremamente riuscito e toccante, sebbene ad un primo sguardo possa sembrare anche eccessivamente composto e rigoroso. Lo studio di questo complesso ed affascinante personaggio regala invece grandi emozioni, limitandosi spesso a suggerirle piuttosto che servirle su di un piatto.
Attraverso una narrazione fatta di sguardi più che di dialoghi, siamo partecipi della combattuta evoluzione di Jeong-Hye, che cerca di vincere la sua paura di vivere e di distaccarsi da un passato che rischia di tenerla prigioniera per il resto della sua vita.
Il finale è un'esplosione silenziosa, eppure assordante per chi riesce a coglierla.
Buona parte del merito va all'eccezionale prova della bravissima e bellissima Kim Ji-Soo (Romance, Traces of Love), qui al suo esordio.
Splendido.

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Su-Ki-Da
di Hiroshi Ishikawa, Giappone 2005
Genere: drammatico

Quello che mi ha spinto alla visione di questo film è stata inizialmente la semplice presenza della mia amata Aoi Miyazaki, eppure ora sono convinto di aver visto un film assolutamente meraviglioso, come non mi succedeva da tanto tempo.
Su-Ki-Da (uno dei tanti modi per dire "Ti Amo") è una storia d'amore fatta di silenzi, incomprensioni, incapacità di comunicare i sentimenti. Il ritmo è lento, a tratti lentissimo, quasi surreale. Yu e Yosuke vivono in un mondo sospeso, in cui le giornate scorrono sempre uguali tra scuola e pomeriggi oziosi in riva al fiume. Il loro amore resta inespresso, ma il destino vuole che 17 anni dopo si incontrino di nuovo...
I brevi e radi dialoghi lasciano spazio al linguaggio del corpo, ai gesti e agli sguardi, da cui traspare con estrema chiarezza quello che i protagonisti non sanno dire a parole. Su-Ki-Da è un film di grandissima sensibilità, che indaga l'universo dei sentimenti e dell'amore in modo tanto discreto quanto intimo e, semplicemente, vero.
L'ennesima perla cinematografica che grazie alla nostra miope distribuzione non vedremo mai arrivare nel nostro paese.
Mi ha lasciato col groppo in gola, consigliato con tutto il cuore.

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giovedì 10 luglio 2008

Cinema in pillole, #5

















The Red Shoes

di Kim Yong-gyun, Corea del Sud 2005
Genere: horror
Titolo originale: Bunhongsin

Una ragazza trova in metropolitana un paio di scarpette rosse (che poi non son rosse ma fucsia, ma vabbè, il titolo dice così); un'amica le vede e gliele ruba, salvo poco dopo incontrare una morte orribile. Le scarpette sembrano portare una maledizione mortale su chiunque le indossi...
Dopo il recente entusiasmo per Epitaph, mi sono buttato piuttosto fiducioso su questo horror coreano, che dal trailer pareva interessante e sanguinolento al punto giusto.
Purtroppo mi sono dovuto ricredere.
Nonostante parta bene, il film si dilunga incredibilmente su sequenze ed episodi inutili, tralasciando le cose davvero importanti. Ad esempio la vicenda che è alla base della maledizione, solo abbozzata e affidata più che all'indagine dei due protagonisti a flashback che non si sa da dove vengano e perchè; basti fare a riguardo un parallelo con The Ring, dove, anche se con diversa modalità, abbiamo sempre a che fare con un oggetto maledetto. Tutt'altro approccio, e tutt'altro risultato. Qui le cose sembra succedano perchè devono succedere.
The Red Shoes si ispira inoltre in maniera fin troppo evidente a classici del genere (Shining, Suspiria, e ovviamente Ringu/The Ring, con abbondanza dei soliti cloni di Sadako), tenta sul finire di stupire con l'ormai classico "plot twist", ma rimane quello che è: un film visivamente discreto ma nell'impianto registico e narrativo confuso, insipido, privo di mordente e soprattutto di personalità.
Nota negativa anche per la colonna sonora, inappropriatamente sopra le righe (l'organo liturgico non sta proprio bene con tutto) e ultra ripetitiva negli effetti sonori che sottolineano i colpi di scena.
Bocciato.


















Muoi, the Legend of a Portrait
di Kim Tae-kyeong, Corea del Sud/Vietnam 2007
Genere: horror

Yoon-hee è una giovane scrittrice coreana in difficoltà creativa. Il suo ultimo libro risale ormai a tre anni prima: una sorta di resoconto scandalistico sul suo gruppo di amici, ed in particolare sulla sua ex migliore amica Seo-yeon, bersaglio di calunnie e dicerie. Per il suo prossimo libro, basato sulla leggenda folkloristica vietnamita riguardante la "maledizione di Muoi", Yoon-hee ha bisogno proprio dell'aiuto di Seo-yeon, emigrata per l'appunto in Vietnam dove dipinge e assiste un professore universitario nelle sue ricerche sul folklore locale. Yoon-hee e Seo-yeon, sotto l'ombra di una malcelata tensione relativa al loro perduto rapporto, iniziano ad indagare sulla leggenda. 100 anni prima Muoi, amante rifiutata e sfigurata dalla rivale, si uccise per cercare vendetta sotto forma di spirito. Venne imprigionata in un ritratto, ma il sigillo durante la guerra fu infranto; si narra così che il 15 di ogni mese Muoi compia la sua vendetta...
Nella media degli horror made in Corea visti ultimamente Muoi fa tirare un discreto sospiro di sollievo. La regia infatti punta, più che sui facili spaventi, sulla costruzione di personaggi solidi e complessi e sull'imbastire una storia ricca di mistero. Sembra però addirittura eccedere nell'analizzare i tormentati rapporti tra le due protagoniste, tanto che a volte sembra di assistere ad un film drammatico più che ad un horror. Tutto sommato il risultato è buono, le protagoniste sono ben delineate (da sottolineare la presenza della splendida Cha Ye-ryeon, già in A Bloody Aria), il mistero avvince anche se non spaventa a morte, dal punto di vista formale siamo sui soliti standard sudcoreani, ovvero prossimi all'eccellenza. Ecco, sul finale si poteva davvero osare un po' di più, soprattutto avendo un girato tanto solido alle spalle. Comunque, in un panorama dove A Tale of Two Sisters e il recentissimo Epitaph sembrano destinati a rimanere per il momento casi isolati di genio orrorifico, ben vengano film come Muoi.

[trailer]