Quando nel 2002 uscì Sevas Tra per me e per molti fu subito amore. I riff spaccaossa, i bellissimi testi e le linee vocali rappate e sofferte di Otep Shamaya erano più di quanto si potesse sperare da un gruppo “nu-metal”, genere non certo nuovo o poco esplorato. Pezzi come "Battle Ready", "T.R.I.C.", "Sacrilege" divennero subito da antologia del metal alternativo, nu-metal o comunque lo si voglia chiamare. Gioielli di rabbia e disperazione come i "lenti" "My Confession", "Emtee", "Jonestown Tea" si distinsero invece semplicemente per la sbalorditiva interpretazione vocale. Tutto contribuì alla definizione di un sound smaccatamente personale e convincente.
Nel 2004 uscì House of Secrets, che proseguì il discorso iniziato nel 2002 accentuando nettamente la componente “metal” e rendendo il sound, se possibile, ancora più oscuro. Rimaniamo su livelli elevati, per quanto non paragonabili all’esordio.
E veniamo al presente: The Ascension è il terzo full-lenght per la band di Los Angeles, e le aspettative che nutrivo mettendomi all'ascolto non potevano che essere, ovviamente, elevate.
Lo dico subito, non mi ha entusiasmato. A mancare irreparabilmente sono proprio le perle che elencavo sopra, i guizzi di genio nel costruire le vocals, la sperimentazione: tutto suona molto ordinariamente "(nu)metal". Ci sono certo buone intuizioni e l’esecuzione è come sempre impeccabile, ma da questo gruppo ci si aspetta di più, non ci sono storie. A onor del vero una sperimentazione ci sarebbe anche, ma forse era meglio evitare: l'escursione pop di "Perfectly Flawed", per quanto piacevole e ben strutturata, nulla aggiunge al disco, rimanendo una incomprensibile mosca bianca. Stesso discorso per l'insipida e palesemente riempitiva cover di "Breed" dei Nirvana (ma, dico, perchè?!).
Le highlights tuttavia ci sono, e si chiamano "Confrontation" e "Ghostflowers".
Il primo è un devastante rap-metal (thanks God!) in cui Otep sbraita cose come "Defy the tyrants, don't be silent"; da una parte è esaltazione, dall’altra rimpianto che si tratti di una caso isolato.
Il secondo è uno spettacolare pezzo dal sapore orientaleggiante, forte di un impressionante lavoro di basso, di una batteria con la cassa a mille e di un chorus dalle liriche imponenti:
You will know me from the scars I bare
You will know me by the hate i swear
In definitiva se c'è una cosa che non si rimpiange davvero è la qualità dei testi, ma di certo questo non basta. Gli altri pezzi si aggirano tra il sufficiente, il discreto - è il caso di "Home Grown", che nel ritornello richiama i fasti del passato - e il dimenticabile - "Invisible" è un'altra sorta di ballata tra il melodico e l'incazzato che finisce col non essere né carne né pesce.
Tra alti e bassi la noia è in agguato, e sebbene l'adorazione per questo gruppo di per sè mi porterebbe ad essere clemente, non posso proprio andare oltre la sufficienza.
Voto: 6,0/10Nel 2004 uscì House of Secrets, che proseguì il discorso iniziato nel 2002 accentuando nettamente la componente “metal” e rendendo il sound, se possibile, ancora più oscuro. Rimaniamo su livelli elevati, per quanto non paragonabili all’esordio.
E veniamo al presente: The Ascension è il terzo full-lenght per la band di Los Angeles, e le aspettative che nutrivo mettendomi all'ascolto non potevano che essere, ovviamente, elevate.
Lo dico subito, non mi ha entusiasmato. A mancare irreparabilmente sono proprio le perle che elencavo sopra, i guizzi di genio nel costruire le vocals, la sperimentazione: tutto suona molto ordinariamente "(nu)metal". Ci sono certo buone intuizioni e l’esecuzione è come sempre impeccabile, ma da questo gruppo ci si aspetta di più, non ci sono storie. A onor del vero una sperimentazione ci sarebbe anche, ma forse era meglio evitare: l'escursione pop di "Perfectly Flawed", per quanto piacevole e ben strutturata, nulla aggiunge al disco, rimanendo una incomprensibile mosca bianca. Stesso discorso per l'insipida e palesemente riempitiva cover di "Breed" dei Nirvana (ma, dico, perchè?!).
Le highlights tuttavia ci sono, e si chiamano "Confrontation" e "Ghostflowers".
Il primo è un devastante rap-metal (thanks God!) in cui Otep sbraita cose come "Defy the tyrants, don't be silent"; da una parte è esaltazione, dall’altra rimpianto che si tratti di una caso isolato.
Il secondo è uno spettacolare pezzo dal sapore orientaleggiante, forte di un impressionante lavoro di basso, di una batteria con la cassa a mille e di un chorus dalle liriche imponenti:
You will know me from the scars I bare
You will know me by the hate i swear
In definitiva se c'è una cosa che non si rimpiange davvero è la qualità dei testi, ma di certo questo non basta. Gli altri pezzi si aggirano tra il sufficiente, il discreto - è il caso di "Home Grown", che nel ritornello richiama i fasti del passato - e il dimenticabile - "Invisible" è un'altra sorta di ballata tra il melodico e l'incazzato che finisce col non essere né carne né pesce.
Tra alti e bassi la noia è in agguato, e sebbene l'adorazione per questo gruppo di per sè mi porterebbe ad essere clemente, non posso proprio andare oltre la sufficienza.
Genere: (Nu) Metal
Tracklist:
1. Eet The Children
2. Crooked Spoons
3. Perfectly Flawed
4. Confrontation
5. Milk Of Regret
6. Noose & Nail
7. Ghostflowers
8. Breed
9. March Of The Martyrs
10. Invisible
11. Home Grown
12. Communion
13. Andrenochrome Dreams
Collegamenti:
sito ufficiale
anteprima su allmusic
Nessun commento:
Posta un commento